Il boato nel cuore della notte, la tragica fine di tre carabinieri, i fratelli arrestati: cronaca di una follia

La tragica esplosione nel casolare di Castel d’Azzano: ecco che cosa è successo.

È successo tutto in pochi secondi, nel cuore della notte: erano da poco passate le 3 di martedì 14 ottobre quando una violenta esplosione ha squarciato il silenzio di via San Martino, a Castel d’Azzano. Un casolare abitato da tre fratelli è saltato in aria durante una perquisizione dei carabinieri: tre militari sono morti, 27 persone tra forze dell’ordine e vigili del fuoco sono rimaste ferite.

L’intervento delle forze dell’ordine era scattato intorno alle 3 per un decreto di perquisizione legato alla lunga vicenda giudiziaria dei tre fratelli. A far detonare l’abitazione Maria Luisa, Franco e Dino Ramponi, 58, 64 e 60 anni, agricoltori con una lunga storia di difficoltà economiche e contenziosi legali alle spalle. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la donna avrebbe innescato la miccia dopo aver saturato la casa con il gas di più bombole. L’esplosione ha travolto i carabinieri che stavano salendo le scale, facendo crollare l’intero edificio.

Già lo scorso anno i tre avevano avuto un primo scontro con l’ufficiale giudiziario, e anche in quel caso avrebbero minacciato di usare il gas per evitare lo sfratto esecutivo emanato dal tribunale di Verona. Quella volta non successe nulla di grave. La scorsa notte, invece, una tremenda esplosione ha ucciso tre carabinieri.

Le vittime.

Le vittime sono il luogotenente Marco Piffari, 56 anni, comandante della SOS del 4° Battaglione Veneto; il brigadiere capo Valerio Daprà, 56 anni; e il carabiniere scelto Davide Bernardello, 36 anni, entrambi in servizio a Padova. Per loro non c’è stato nulla da fare: i colleghi hanno cercato di scavare tra le macerie a mani nude, ma i corpi erano già senza vita.

Il procuratore capo di Verona, Raffaele Tito, parla di “omicidio premeditato e gesto di assoluta follia“. L’operazione, spiega, era stata pianificata nei dettagli, con un presidio sanitario già attivo sul posto per i rischi legati all’intervento. Ma nessuno poteva immaginare un epilogo simile. “Dovevamo eseguire un decreto di perquisizione, non uno sgombero – ha detto Tito – ma ci siamo trovati di fronte a una tragedia impensabile”.

Dopo lo scoppio, Franco Ramponi è fuggito nei campi ed è stato catturato poche ore dopo. Maria Luisa, gravemente ustionata, è ricoverata in terapia intensiva. Tutti e tre i fratelli sono ora sotto indagine per strage e omicidio volontario.

Nel casolare sono state trovate cinque bombole di gas e resti di bottiglie molotov. Non era la prima volta: già un anno fa i tre avevano aperto le bombole per opporsi allo sfratto, riuscendo solo grazie alla mediazione delle forze dell’ordine a evitare il peggio.

Il lutto nazionale.

Il dolore per la tragedia ha colpito l’intero Paese. La premier Giorgia Meloni ha proclamato il lutto nazionale per oggi e per il giorno dei funerali dei militari, mentre il presidente del Veneto Luca Zaia ha disposto tre giorni di lutto regionale e bandiere a mezz’asta in tutte le sedi istituzionali. Anche il sindaco di Castel d’Azzano, Elena Guadagnini, ha proclamato il lutto cittadino fino a domenica 19 ottobre.

I 27 feriti, trasportati negli ospedali di Borgo Trento, Borgo Roma, Villafranca e Negrar, sono tutti fuori pericolo. Alcuni vigili del fuoco, dopo le cure, sono già stati dimessi.

Davanti alla caserma dei carabinieri di Verona, in via Salvo d’Acquisto, è un via vai di colleghi e cittadini venuti a portare un fiore o una preghiera. “Hanno perso la vita per proteggere la comunità“, ha detto il comandante provinciale Claudio Papagno, con la voce rotta dall’emozione.

Note sull'autore