Alberto Stefani è il nuovo presidente del Veneto, battuto Giovanni Manildo. Lega davanti a Fratelli d’Italia.
Con una vittoria netta e senza sorprese, Alberto Stefani è il nuovo presidente della giunta regionale del Veneto. E’ Youtrend a “chiamarlo” per primo, visto che i numeri non lasciano più dubbi. Del resto i primi dati dello scrutinio confermavano già la vittoria del centrodestra: Stefani, candidato della Lega e della coalizione di governo, è intorno al 60% delle preferenze, lasciando a distanza di sicurezza il rivale del centrosinistra Giovanni Manildo, fermo intorno al 31%.
Un risultato che sancisce la continuità del dominio leghista in una regione storicamente blindata, ma con un volto nuovo: a soli 33 anni, Stefani diventa il governatore più giovane nella storia del Veneto, succedendo a Luca Zaia dopo quindici anni di egemonia.
L’affluenza, però, preoccupa: solo il 44,6% degli aventi diritto si è recato alle urne, un calo drastico di oltre 16 punti rispetto al 61% del 2020. Altro dato politicamente significativo: la Lega secondo le prime proiezioni sarebbe nettamente davanti a Fratelli d’Italia, grazie anche alla presenza ingombrante di Luca Zaia come capolista ovunque.
- Stefani, “Rispetteremo i patti con gli alleati. E farò l’assessorato al sociale”.
- Manildo, “Orgogliosi del risultato, un veneto su tre ci ha scelto”.
Un “delfino” cresciuto in casa Lega: da Borgoricco a Palazzo Balbi.
Nato il 16 novembre 1992 a Camposampiero, in provincia di Padova, e cresciuto a Borgoricco, piccolo comune veneto di circa 7mila anime, Alberto Stefani incarna il profilo del politico “di trincea”, radicato nel territorio e forgiato dalla militanza giovanile. A 15 anni già tesserato alla Lega, attratto dal sogno del federalismo fiscale e dall’autonomia regionale, Stefani ha scalato i vertici del partito con una rapidità invidiabile. Eletto sindaco del suo paese natale nel 2017 a soli 25 anni, è entrato alla Camera nel 2018 come uno dei deputati più giovani del Carroccio. Rieletto nel 2022, da agosto è presidente della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale.
La candidatura è arrivata dopo una lunga trattativa nel centrodestra, con Fratelli d’Italia che ha rinunciato al candidato veneto in cambio di spazi in Campania. Stefani ha puntato su un programma concreto: “Il mio Veneto sarà collegiale, inclusivo ma fermo sui nostri confini e sulla nostra storia”, ha dichiarato in campagna, guardando più a Zaia che a Salvini come faro.
Il centrosinistra ko, ma con spiragli per l’opposizione.
La sconfitta di Giovanni Manildo, 56enne sindaco di Treviso ed esponente Pd, era nell’aria. Sostenuto da un’alleanza ampia – Pd, M5s, Avs, Volt Europa e liste civiche – Manildo ha raccolto consensi tra i moderati e gli ambientalisti, ma non è bastato a intaccare il muro leghista. Però aver superato il 30%, dopo il 16% raccolto da Arturo Lorenzoni 5 anni fa (contro il colosso Zaia) è un punto di partenza non trascurabile per il centrosinistra.
Gli altri sfidanti, da Marco Rizzo (Democrazia Sovrana Popolare) a Fabio Bui (Popolari per il Veneto) e Riccardo Szumski (Resistere Veneto), hanno animato una corsa a cinque, ma senza incidere sul risultato finale. Anche se il più sorprendente è il risultato di Szumski, oltre le attese.
