Relazione della commissione regionale: il Citrobacter portato da fuori, scarsa igiene

«Mancato o parziale rispetto delle misure d’igiene»
Il Citrobacter, in particolare, è arrivato lì dall’esterno, probabilmente a causa del mancato o parziale rispetto delle rigide misure d’igiene imposte al personale nei reparti ad alto rischio, come il lavaggio frequente delle mani, il cambio dei guanti a ogni cambio di paziente o funzione, l’utilizzo di sovrascarpe, sovracamici, calzari e mascherina. Tutto ciò è emerso dal controllo di cartelle cliniche e procedure, protocolli, attrezzature, ambienti e impianti, dalle audizioni di medici, infermieri, operatori sociosanitari e della mamma di Nina, Francesca Frezza, la prima a denunciare l’accaduto e a far scoppiare il caso. E’ stata sentita anche dagli inquirenti, perché ora sarà la Procura (al momento non ci sono indagati), che si appoggia ai Nas, a dover individuare eventuali responsabilità, ma un altro errore potrebbe essere stato di ricorrere all’acqua del rubinetto e non ad acqua sterile.
I controlli a gennaio
I primi controlli da parte dei vertici dell’Azienda ospedaliero-universitaria partiti a gennaio di quest’anno, per poi essere interrotti a causa dell’emergenza coronavirus. Il 12 giugno il direttore generale Francesco Cobello ha chiuso il Punto nascite, la Terapia intensiva neonatale e la Terapia intensiva pediatrica e il giorno dopo ha nominato una commissione di esperti, poi annullata perché due dei componenti, Narne e Bellettato, sono passati all’organo ispettivo regionale. E allora il manager ne ha nominata un’altra, sempre di esterni, per la verifica delle procedure di riapertura dei reparti, che ha prodotto verbali, indicazioni tecniche e sopralluoghi. Ma soprattutto l’estate è servita per operare una «bonifica complessiva» dei locali, lavorando su aria, acqua e ambiente. Sono stati bonificati i filtri dell’aria, gli impianti di condizionamento e sanificazione, è stata effettuata l’iperclorazione della rete idrica, cioè si è immesso del cloro nell’impianto, monitorando la carica batterica e quella del cloro nell’acqua. Al fine di operare una prevenzione assoluta, attraverso due macchinari si è ricorsi al biossido di cloro su acqua calda e fredda. I locali sono invece stati sanificati con il perossido di idrogeno. (Corriere.it)

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