Caso Citrobacter: “Vogliamo risposte sullo stato attuale dell’ospedale di Borgo Trento”

I consiglieri del Pd in Regione interrogano l’assessore regionale alla sanità sul caso Citrobacter in Borgo Trento.

Caso Citrobacter: i consiglieri regionali del Pd Veneto, attraverso un’interrogazione all’assessore regionale alla sanità, chiedono di rendere noti vari aspetti sulla vicenda delle quattro morti e dei danni cerebrali ai danni di nove bambini causate da infezioni da Citrobacter Koseri, presso l’ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento di Verona.

Quattro, nello specifico le domande dei consiglieri Anna Maria Bigon, Francesca Zottis, Vanessa Camani e Andrea Zanoni: “Quanti erano e quanti sono oggi i posti letto di terapia intensiva neonatale e di terapia intensiva pediatrica prima che si verificassero i casi conclamati di Citrobacter Koseri e quanti sono oggi?

Quali azioni sono state intraprese a seguito dei rilievi della commissione ispettiva regionale e delle perizie volute dal Ministero e dalla Procura della Repubblica per permettere il ritorno ad una piena operatività del reparto, garantendo alle donne che desiderano partorire presso l’ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento di Verona di farlo in completa sicurezza per loro e per i neonati? A che età gestazionale sono ora accolti i prematuri in reparto di terapia Intensiva neonatale a Borgo Trento? Quelli a 25 settimane vengono ancora mandati in altre Tin fuori provincia?”.

“La terapia intensiva un ambiente particolarmente delicato”.

“Spesso le infezioni da Citrobacter”, segnalano i consiglieri dem, “sono acquisite per via nosocomiale. Tuttavia possono essere acquisite anche tramite contatto diretto con persone o con superfici e oggetti contaminati. Queste infezioni sono pericolose soprattutto per i bambini, in particolare i nati prematuri o che presentano peso alla nascita molto basso, e i soggetti immunodepressi, vulnerabili agli agenti infettivi: la terapia intensiva neonatale è dunque un ambiente particolarmente delicato, considerata la fragilità dei pazienti ricoverati“.

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