Da capolavoro a falso: la storia del dipinto di Cellini presentato anche a Verona.
Un’opera presentata anche a Verona, come un prezioso autoritratto di Benvenuto Cellini, è finita al centro di un’indagine giudiziaria che ha svelato una vicenda ben diversa: si trattava in realtà di un falso, risalente al XIX secolo, privo di qualsiasi legame con il celebre artista del Rinascimento. La Corte di Cassazione ha confermato il sequestro preventivo del dipinto, originariamente comprato per 3.200 euro ma accompagnato da una valutazione teorica di 107 milioni, grazie a un’attribuzione fasulla.
L’opera, intitolata Tête d’Homme, era stata mostrata per la prima volta in Italia nel 2021, a Verona, durante una mostra alla Gran Guardia dedicata al 450esimo anniversario della morte di Cellini. L’esposizione, patrocinata dalla Regione Veneto, era nata con l’intento di celebrare il grande orafo e scultore manierista, ma finì per portare sotto i riflettori quello che oggi si rivela un clamoroso abbaglio – o forse qualcosa di più.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, e come riporta Il Sole 24 Ore, il dipinto era stato “certificato” da una perizia che ne attribuiva la paternità a Cellini, ma che è stata successivamente smentita da pareri ben più autorevoli, tra cui una relazione della Galleria degli Uffizi. L’indicazione della presunta autenticità sarebbe stata basata su un’etichetta incollata sul retro dell’opera, che identificava il ritratto come opera del maestro fiorentino.
L’obiettivo, secondo l’accusa, era quello di ottenere un attestato di libera circolazione per esportare legalmente l’opera all’estero, come previsto dal Codice dei beni culturali. Ma dietro alla richiesta si celava, per i giudici, un tentativo di immettere sul mercato internazionale un’opera falsamente attribuita, e quindi potenzialmente oggetto di truffa.
