La pesca di Verona si riprende il marchio Igp: era stato revocato nel 2018

La pesca di Verona riconquista l’Igp, Coldiretti: “Un passo importante. Ora serve il giusto riconoscimento economico ai produttori”.

Dopo cinque anni la pesca di Verona si riprende il riconoscimento Igp: un passo decisivo è stato fatto lo scorso 28 giugno con il decreto attraverso il quale il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ha conferito a Csqa srl di Thiene l’incarico di ente certificatore. Conclusi i controlli da parte del nuovo ente certificatore, la pesca di Verona prodotta dalle sei aziende che hanno fatto richiesta di certificazione può fregiarsi di nuovo dell’Igp.

“Si è persa l’occasione di marchiare le varietà precoci”, ha detto Giorgio Girardi, responsabile settore ortofrutta di Coldiretti Verona e coordinatore del Gruppo pesca, “ma le medie-tardive sono salve ed è lecito pensare che potranno essere commercializzate con quotazioni di tutto rispetto. I prezzi ora sono abbastanza buoni, complici il freddo e le forti piogge al sud, ma attendiamo i risultati dei primi giorni di luglio, quando si entrerà nel pieno della commercializzazione del prodotto veronese. Il prossimo passo sarà la ricostituzione del Consorzio di tutela che, seguendo la rotta del declino del marchio, ha chiuso i battenti nel 2022. I documenti sono già pronti”, ha concluso Girardi.

“In questa fase”, è intervenuto il presidente di Coldiretti Verona Alex Vantini, “si avverte la mancanza di un centro sperimentale ortofrutticolo nella nostra provincia che dia risposte concrete ai nostri peschicoltori indirizzandoli verso scelte varietali di qualità e commercialmente vincenti. Con l’affidamento del ruolo di controllore al Csqa è stato compiuto un passo di estrema rilevanza. Ora ci aspettiamo che i produttori abbiano il giusto riconoscimento economico”.

La perdita del marchio nel 2018.

La pesca di Verona ha ottenuto l’Igp nel 2000 ma nei vent’anni successivi la superficie dedicata alla coltura si è ridotta di oltre 3mila ettari fino ad arrivare a poco più di 1200 ettari nel 2022. In Veneto, dove la produzione veronese rappresenta l’85% dell’intera regione, il calo è stato addirittura del 6,9 %. Diverse le cause del declino, come per esempio il virus Sharka che a partire dal 1990 ha causato danni per milioni di euro nella provincia, ma anche la sostituzione delle piante con la più redditizia coltivazione di kiwi (coltura ora a sua volta in crisi a causa della moria che ha decimato gli impianti) o, ancora, la pesante concorrenza dei produttori più a sud, sia in Italia che all’estero, come la Spagna.

Il 2018 è stato l’anno in cui, in assenza di adesioni da parte dei produttori, il marchio ha smesso di essere affiancato al nome Pesca di Verona. Come se non bastasse, anche i cambiamenti climatici hanno dato il colpo di grazia a questa coltura. Fino a quando nel 2021 Coldiretti Verona ha deciso di intervenire per invertire la rotta e salvare così dall’estirpo i pescheti ancora attivi. Con l’istituzione del Gruppo di lavoro della “pesca di Verona”, nel 2022 ha dato voce e corpo alle necessità dettate dalle aziende che ancora credono alla peschicoltura veronese.

La squadra sta lavorando sulla revisione del disciplinare di produzione, oramai inadatto alle attuali coltivazioni: l’elenco varietale risale infatti al 1995. La cancellazione di alcune varietà oramai fuori mercato e l’inserimento di nuove e più adatte è uno dei primi passi da compiere.

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