Raccolta delle olive, verso un’annata difficile nel Veronese

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Annata difficile per la raccolta delle olive a Verona e dintorni.

Mancano un paio di settimane alla raccolta delle olive in provincia di Verona, con un’annata che si preannuncia difficile a causa della mancanza di prodotto in molti areali.

A dirlo è Leonardo Granata, presidente degli olivicoltori di Confagricoltura Veneto, a margine di un convegno che si è svolto a Salò sul “Valore dell’olivicoltura di collina, dalla tradizione al futuro”, organizzato da Confagricoltura Veneto e Brescia. Al convegno ha preso parte anche Confagricoltura Verona con il presidente Alberto De Togni e Alessandra di Canossa.

La nostra olivicoltura non è neanche da paragonare, dal punto di vista quantitativo, a quella del Sud – sottolinea Granata -, ma la nostra zona di produzione, anche se marginale, dona olio di alta gamma e contribuisce a creare un contesto pregiato sia sotto il profilo paesaggistico, che ambientale e turistico. La Regione Veneto lo ha capito e sta varando proposte di legge incentrate sulla figura del produttore  e sulla promozione dei prodotti di qualità, oltre che sul miglioramento dei macchinari nei frantoi. Anche le Università di Padova e Verona si stanno muovendo bene, svolgendo un importante lavoro di ricerca sugli oliveti, che negli ultimi anni hanno patito problemi di cascola e fitopatie”.

“A Verona una stagione negativa”.

In provincia di Verona si teme che vada in archivio una stagione negativa come quella di due anni fa, non solo per la mancanza di olive, ma anche per una percentuale molto alta di mosca olearia. “Purtroppo le condizioni climatiche non ci hanno aiutato – spiega Alessandra di Canossa, presidente degli olivicoltori di Confagricoltura Verona -, a causa dell’eccesso di piogge che ha portato ad un elevato grado di umidità. A questo si aggiunge la mancanza di molecole fondamentali per contrastare l’insetto. Il problema grosso è che non si alternano più annate cariche e scariche: va quasi sempre male. In più c’è il problema annoso di reperire manodopera e i costi di manutenzione sono altissimi. Le politiche pubbliche non aiutano, dato che i fondi stanno diminuendo”.

Le soluzioni? “L’olivicoltura di collina ed eroica, quella del lago di Garda e delle piante secolari, aiuta il turismo e l’ambiente – risponde di Canossa -. Ma bisogna anche fare reddito e quindi è necessario insistere sui sostegni pubblici, sulla ricerca e sul contenimento dei costi, facendo un passo in avanti sia sotto il profilo tecnologico, che agronomico.  E questo deve tradursi in nuovi impianti in pianura, di tipo super intensivo, trovando cultivar adatte agli appezzamenti di pianura e frantoi che possano aiutare nella coltivazione di questa tipologia di olive. Lo stanno facendo al Sud e sono certa che si possa fare anche al Nord”.

Oliveti in sofferenza.

La ricerca dovrà obbligatoriamente assistere questa coltura, dato che, come ha riferito Anita Zamboni, ricercatrice dell’Università di Verona, al convegno di Salò, da  uno studio sullo stato nutrizionale dell’olivo in Veneto è emerso che il 40% degli uliveti tra lago di Garda, Est Veronese, Colli Euganei e Bassano del Grappa soffre per la scarsezza di fosforo e di boro.

Ha aggiunto Alberto Zannol, della direzione agroalimentare della Regione Veneto: “Senza il presidio del territorio da parte degli olivicoltori non c’è cura del paesaggio e cura dell’ambiente. Contro il fenomeno dell’abbandono delle coltivazioni sono necessarie politiche di supporto, formazione e incentivazione. Il punto nodale da cui partire è la corretta gestione del passaggio generazionale”.

“Non può esserci successo di un areale produttivo rinomato se non si fa leva sulle attestazioni di origine e sulla necessità di ampliare la quota di prodotto certificato – hanno puntualizzato Simone Padovani, presidente del Consorzio Dop Garda e Giancarlo Bonamini, presidente del Consorzio Dop Veneto -. Bisogna studiare e mettere in atto strategie ad ampio ventaglio per una presenza capillare degli oli a marchio Dop nei punti vendita e nel canale del food & beverage”.

“L’olivicoltura del Nord, e del Veneto, è indispensabile per il successo dell’olivicoltura nazionale – ha concluso Alberto De Togni, presidente di Confagricoltura Verona e vicepresidente vicario di Confagricoltura Veneto -. Per il successo del Piano olivicolo nazionale, che dovrebbe vedere la luce all’inizio del 2026, è necessario che vengano sostenute sia la realtà produttiva del Sud, sia quella del Nord, situata in areali collinari, creando tutte le opportunità necessarie per investire in tecnologie all’avanguardia. Questo anche al fine di consentire un abbattimento dei costi di produzione e rendere il più agevole possibile il lavoro in oliveto. Per quanto riguarda Verona, Confagricoltura ritiene importante la nuova rassegna fieristica Sol2 Expo, che darà sicuramente maggior risalto al settore rispetto a quella inserita all’interno del Vinitaly”.

In Veneto ci sono circa 5.000 ettari a oliveto (dati 2024 di Veneto Agricoltura), per un valore di circa 12 milioni di euro. Circa il 70% delle piante (3.600 ettari) è situato in provincia di Verona, sulle colline tra lago di Garda, Valpolicella e Valpantena. Seguono Vicenza con 500 ettari, poi Padova e Treviso con 450. Le aziende olivicole venete sono 4.500 con 63 frantoi attivi e due Op (Organizzazioni di produttori), che aggregano 1.400 imprese su 1.666 ettari. Due le denominazioni: la Dop Veneto, che comprende gli areali Veneto Euganei e Berici, oltre che Veneto Valpolicella e Veneto del Grappa; e la Dop Garda riguardante 19 Comuni del Veronese. 

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