Verona, emergenza case di riposo: “Stop all’aumento delle rette”

Case di riposo, SPi Cgil Verona: “Non si scarichi il problema della non autosufficienza sulle famiglie. Servono riforme”.

Continua la crisi delle case di riposo pubbliche di Verona, tra carenza di finanziamenti, aumenti delle rette e una mancata riforma regionale di una legge nazionale sulla non autosufficienza senza risorse. A farsi portavoce dell’ultima denuncia è Spi Cgil Verona, che dichiara: “Siamo difronte all’ennesimo grave, drammatico buco di programmazione: la società invecchia ma ce ne accorgiamo soltanto di fronte alle emergenze conclamate”.

“E quella correttamente indicata dalle Ipab, le case di riposo pubbliche, è soltanto la punta dell’iceberg di un fenomeno molto più pervasivo. Basti pensare che per ogni anziano ospite nei centri servizi (casa di riposo) ce ne sono almeno 5 accuditi a casa dalle famiglie, condannate ad inseguire gli evanescenti servizi delle Ulss e dei Comuni e ad appoggiarsi ad un esercito di assistenti famigliari (80 mila in Veneto)”, sottolinea Adriano Filice, segretario generale del sindacato.

“Si calcola infatti siano almeno 32.800 gli over 65enni non autosufficienti nella nostra provincia. Duecento mila in tutto il Veneto, pari a poco meno di un quinto della popolazione over 65 con punte del 20% tra gli ultra 85enni. Pertanto il tema va affrontato organicamente, a partire da una buona legge sulla non autosufficienza (a fine anno sono attesi i decreti attuativi del ddl approvato sul finire del governo Draghi, chiesta anche dall’Europa); realizzando una altrettanto buona riforma delle Ipab (il Veneto è rimasta l’unica Regione in Italia a non averlo ancora fatto); e rilanciando il servizio sanitario nazionale pubblico, che è la spina dorsale di qualsiasi intervento in campo socio-sanitario”.

“L’invecchiamento è un fenomeno della collettività”.

“I numeri hanno la testa dura, demoliscono la propaganda e sono destinati a risvegliare l’attenzione anche della politica più distratta: Verona presenta un indice di vecchiaia che al 1982 era del 79,8; nel 2020 è passato al 209,9 e le proiezioni danno al 306,1 nel 2030, vale a dire che che per ogni giovane under 14 ci saranno almeno 3 anziani over 65enni”.

“Per questo come Spi Cgil”, continua Filice, “diciamo che non è equo scaricare il problema della non autosufficienza sulle famiglie. L’invecchiamento è un fenomeno sociale, collettivo, e come tale va trattato. L’attuale assetto socio sanitario, spinto in direzione di una dimensione privatistica a causa di decenni di defininanziamento del sistema sanitario pubblico, non è assolutamente in grado di sostenerne impatto e conseguenze. Vanno fatte scelte chiare a livello di servizi pubblici altrimenti sarà il caos.

E per lo stesso identico motivo diciamo che è da evitare in ogni maniera un ulteriore aumento delle rette delle case di riposo. Gli aumenti già scattati tra le fine del 2022 e gli inizio del 2023 hanno messo in ginocchio le famiglie per le quale sta diventando insostenibile garantire l’assistenza dei propri cari in casa di riposo. La Regione deve aumentare le impegnative di cura, e se sta cercando un buon motivo per applicare a pieno l’addizionale Irpef, l’ha trovato”.

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