Smantellata la banda delle patenti facili: 3mila euro per barare all’esame, svelato il trucco

Polizia locale di Verona e polizia stradale di Vicenza smantellano la banda delle patenti facili: al vertice un pakistano.

Smantellata la banda delle patenti facili: 2mila euro per barare all’esame, svelato il trucco. Un’indagine articolata e complessa sviluppata dal Laboratorio analisi documentale della polizia locale di Verona, diretto dal comandante Luigi Altamura, in collaborazione con la polizia stradale di Vicenza, coordinata dal vice questore Silvia Lugoboni, ha infatti portato allo smantellamento di un’organizzazione ben oliata e ramificata sul territorio italiano che proponeva di far ottenere, con facilità, la patente di guida a persone straniere che non capivano e spesso non parlavano la lingua italiana: un affare che poteva fruttare, per ogni candidato presentato, dai 2.000 ai 3.000 euro.

Una struttura collaudata e funzionante da anni con al vertice un uomo pakistano, S.N., con casa in un paese della provincia di Vicenza, che si avvaleva di una folta rete di procacciatori d’affari sparsi nelle regioni del nord Italia, dal Veneto al Friuli, ma con qualche cellula anche nel Lazio. Grazie a questa fitta rete di persone che, girando per le varie comunità pakistane e indiane, si proponevano quali intermediari per l’ottenimento di patenti di guida italiane, il S.N. era riuscito a costruirsi un’ottima reputazione e molti connazionali lo contattavano sicuri che, grazie a lui, avrebbero ottenuto la tanta agognata patente.

Il “pacchetto completo” per arrivare alla patente.

In effetti, nel suo comportamento criminale, il S.N. offriva un pacchetto completo e allettante: una volta concordato il prezzo, era lui ad occuparsi, unitamente ai più stretti collaboratori, di tutta la parte burocratica: prenotava le visite mediche e portava il candidato presso le scuole guida curando l’iscrizione e concordando la data in cui lo stesso doveva presentarsi per svolgere la prova. La mattina dell’esame S.N. recuperava la persona e gli consegnava una felpa, un giaccone o una camicia contenente una microcamera. Successivamente inseriva un micro-auricolare nell’orecchio e dava le istruzioni sul comportamento da tenere in aula durante l’esame. Unico compito del candidato era di sedersi alla postazione, posizionare il monitor con le domande a favore della microcamera e attendere le risposte.

Tutto talmente organizzato e sicuro che il S.N. ha visto, in poco tempo, aumentare le richieste da parte di connazionali, allargando il proprio giro d’affari in particolare in molte province del Nord Italia. Dagli atti dell’indagine è risultato addirittura che alcuni candidati siano stati trasportati, per superare la prova d’esame, da Vicenza fino a Roma. Nell’eventualità che il candidato venisse scoperto, sarebbe stato comunque difficile risalire all’organizzazione, in quanto i telefoni utilizzati e posizionati negli indumenti erano governati da remoto e le schede sim utilizzate per le chiamate, intestate al candidato stesso. Ne consegue che nulla poteva portare al S.N. e che quando i candidati venivano scoperti, il singolo fatto reato veniva trattato da solo e difficilmente veniva collegato ad altri episodi che
magari erano accaduti a molti chilometri di distanza.

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