Bonus facciate, frode da 2,2 milioni di euro: falsi lavori anche a Verona

Scoperta dalla Guardia di finanza maxi frode da 2,2 milioni di euro sul bonus facciate: falsi lavori anche a Verona, 4 denunciati.

Bonus facciate, una maxi frode ai danni dello Stato, per un ammontare di 2,2 milioni di euro, è stata smascherata dalla Guardia di Finanza di Treviso nell’ambito delle indagini finalizzate a prevenire lo sperpero di risorse pubbliche. Al centro dell’inchiesta, un’impresa edile dell’hinterland trevigiano che avrebbe ottenuto illecitamente crediti d’imposta sfruttando il “bonus facciate”, l’agevolazione introdotta dalla legge di bilancio 2020 per incentivare la riqualificazione degli esterni degli edifici.

Secondo quanto emerso dalle indagini, la truffa si fondava su lavori di ristrutturazione mai eseguiti, simulati su immobili di 24 cittadini ignari, residenti in diverse province italiane. Per compiere l’illecito, gli indagati hanno infatti simulato lavori di ristrutturazione delle facciate delle abitazioni di 24 persone, residenti tra le province di Belluno, Bologna, Gorizia, Massa Carrara, Padova, Pisa, Potenza, Rimini, Roma, Torino, Vercelli, Verona, Vicenza, Udine, ignare di essere state utilizzate per le illecite finalità dell’azienda trevigiana. I presunti committenti, ascoltati come testimoni, hanno smentito categoricamente di aver mai richiesto interventi o avuto contatti con l’impresa trevigiana, né con gli altri soggetti coinvolti.

Quattro persone denunciate.

Quattro le persone denunciate alla Procura della Repubblica di Treviso: un cittadino italiano, amministratore dell’impresa coinvolta, e tre stranieri, anch’essi titolari di ditte edili. Sono accusati in concorso del reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche. Per l’imprenditore italiano è scattata anche la segnalazione per reati tributari.

Le indagini sono partite dall’analisi di segnalazioni sospette di riciclaggio. Approfondendo i movimenti finanziari della società, i finanzieri del Gruppo Treviso hanno scoperto che i crediti fittizi venivano successivamente monetizzati attraverso la cessione diretta a Poste Italiane oppure ceduti agli altri tre imprenditori coinvolti, che ne traevano profitto.

L’azienda risulterebbe anche inadempiente nella presentazione delle dichiarazioni dei redditi. È stata perciò sottoposta a verifica fiscale, che ha permesso di individuare ulteriori irregolarità, tra cui l’emissione di fatture per operazioni inesistenti a favore di soggetti economici della zona.

Note sull'autore