L’appello degli ingegneri di Verona: “Serve un piano contro il rischio alluvioni”

L’Ordine degli ingegneri di Verona discute delle recenti convenzioni contro il rischio alluvioni. A settembre mappature e simulazioni.

Con il rischio di frane e alluvioni sempre più alto a causa del cambiamento climatico, l’Ordine degli ingegneri di Verona ha deciso di tenere un convegno focalizzato sulle recenti convenzioni in atto tra gli enti competenti, nate per contrastare e mitigare questi pericoli.

“La sinergia è indispensabile per attuare una pianificazione ampia che tuteli l’intero territorio”, evidenzia il presidente dell’Ordine, Matteo Limoni. “Noi ingegneri siamo coinvolti direttamente in tali trasformazioni, sia dal punto di vista della prevenzione, sia per interventi di messa in sicurezza”.

“Abbiamo voluto dare spazio non solo alle convenzioni in corso e alle mappature e simulazioni previste, ma anche ai progetti già realizzati o in fase di realizzazione che rappresentano le buone pratiche già adottate”, fa notare la vicepresidente dell’Ordine, Anna Rossi. “Non si tratta di un libro dei sogni, ma di fattibilità concrete”.

La necessità di unire le forze è dettata da un gap normativo ben illustrato dal direttore del Consiglio di Bacino dell’Atoveronese, Luciano Franchini. “Dopo la riorganizzazione dei primi anni 2000 i comuni sono ancora competenti della gestione delle reti di raccolta delle acque meteoriche, quelle bianche. Le reti fognarie, di fatto, hanno ancora diversi gestori e serve una norma nazionale per colmare tale lacuna, concentrando in un unico soggetto la responsabilità della pianificazione e della gestione”.

“A settembre i rilievi per aggiornare la cartografia”.

“I fenomeni piovosi sono sempre più brevi ma più concentrati e intensi e le reti di 30 o 40 anni fa non ce la fanno”, insiste Franchini. Due mesi fa è stata siglata la convenzione tra Acque veronesi, Ato e comune di Verona che prevede la realizzazione di studi per la mitigazione del rischio idraulico.

“Studi, non opere”, chiarisce il direttore generale di Acque veronesi, Silvio Peroni. A Verona è stata data priorità a tre bacini principali, in corrispondenza dei principali collettori fognari misti: si trovano nella zona che da Buttapietra confluisce a Ca’ di David e Borgo Roma, verso San Massimo e nell’area tra Parona, Negrar e la Valpantena che arriva fino a interrato dell’Acqua Morta e lungadige Porta Vittoria. “Le tre condotte confluiscono tutte nel depuratore di Verona” spiega Peroni.

“Sono previsti i necessari rilievi per integrare la cartografia esistente e procedere in una seconda fase alla modellazione idraulica che studia le caratteristiche morfologiche del territorio e delle reti oltre alle dinamiche degli eventi atmosferici e delle piogge. Una volta ottenute le progettualità, sarà possibile andare a caccia di finanziamenti”. Le procedure di gara per affidare il lavoro a professionisti sono già state espletate e a settembre inizierà lo studio che durerà circa un paio di anni.

Per dimostrare le possibili progettualità future gli ingegneri Isacco Rigodanze di Acque veronesi e Massimo Merzari di Intech ingegneri associati hanno presentato degli esempi progettuali in essere come la risoluzione degli allagamenti in via XX Settembre a Legnago e il noto intervento a Porta Borsari, dove è prevista la riapertura di lungadige Panvinio e corso Cavour nei due sensi all’inizio di agosto. Prima della riapertura delle scuole resisteranno solo dei mini cantieri per le griglie, di poco impatto viabilistico.

L’Italia il primo Paese consumatore di acqua in Europa.

Nel frattempo anche l‘azienda Gardesana servizi si dà da fare, come illustrato da Luca Mignolli e Alberto Cordioli dell’area progettazione & direzione lavori. “Abbiamo sviluppato vari studi sulle acque meteoriche, in convenzione con i comuni, i più interessanti riguardano Peschiera del Garda e Valeggio, finalizzati a risolvere problematiche di allagamenti.

Qualche pezzo di condotta è già stato rifatto ma per ora si è in fase progettuale. Dati Arpav alla mano, i mutamenti dei fenomeni piovaschi non sono sufficienti a spiegare tutte le criticità rilevate e ciò dimostra che bisogna cambiare l’approccio. Si è fatto poco finora per mitigare la risposta del territorio, non ci sono vasche di laminazione, e molti progetti che abbiamo proposto già tre anni fa non sono ancora andati in porto. Si attendono i finanziamenti, ma occorre dare priorità a questo tipo di interventi che non possono più essere procrastinati”.

I dati veneti parlano del 43,2% di perdite idriche, un dato superiore alla media nazionale del 42 %”, mette in risalto Andrea Tonolli, referente lavori pubblici, ambiente e qualità di Ance. “L’Italia è il Paese primo consumatore di acqua in tutta Europa, sia per uso civile che industriale e questo nonostante vi sia un calo del 20% della disponibilità idrica. Finora è stato fatto gran poco per questa pianificazione strategica, che prevede interventi come il recupero dell’acqua piovana o l’uso di docce e rubinetti con il regolatore di portata. Per questo vogliamo stimolare la pubblica amministrazione, oltre che le imprese che a breve saranno chiamate anch’esse a un bilancio di sostenibilità. È evidente che meno impatto ambientale significa pure meno rischio idrico”.

Note sull'autore