Uve della Valpolicella: dal Vinitaly parte la candidatura Unesco

Valpolicella: la lavorazione delle uve una “tradizione millenaria”. Candidati anche i fossili marini della Pesciara di Bolca.

Dal Vinitaly di Verona parte ufficialmente la candidatura come patrimonio immateriale Unesco della tecnica di appassimento delle uve della Valpolicella:

“Una grande opportunità in chiave di sviluppo della denominazione e del territorio”, ha dichiarato il presidente della regione Veneto, “volano per le economie locali e di valorizzazione della tradizionale, inconfondibile e inimitabile tecnica di lavorazione. In tutti questi anni non è mai stata riconosciuta una tecnica di vinificazione, per questo è una sfida, ma questo dossier rappresenta quello che Unesco richiede”.

Salirebbe a dieci il numero dei siti Unesco del Veneto.

“Con il professor Petrillo”- il presidente Organo esperti mondiali Unesco- “ho condiviso gran parte della mia storia da Ministro, lo definisco un enfant prodige dei provvedimenti in agricoltura che mi ha fatto innamorare della partita Unesco”, ha proseguito Zaia. “Dal dossier sul Prosecco, passando a quello del Passito di Pantelleria e della pizza. Tra un anno conto di tornare al Vinitaly per celebrare il decimo sito Unesco del Veneto“.

“Lo dissi già al Vinitaly del 2019 che avevamo un’altra grande sorpresa, la candidatura del metodo di appassimento: una tradizione millenaria che è identità, è il saper fare, è il bagaglio culturale di una comunità. Per Verona intendiamo candidare anche la Pesciara di Bolca, con il suo inestimabile patrimonio di fossili marini. Tante opportunità che vanno colte e che dimostrano la capacità del Veneto di guardare al futuro”.

Una tecnica millenaria tramandata di generazione in generazione.

L’unicità dei vini più prestigiosi della Valpolicella deriva dalla tradizionale tecnica dell’appassimento: le migliori uve, selezionate e vendemmiate rigorosamente a mano perlopiù da donne, vengono messe a riposare sulle tradizionali “Arele” cerimoniale del presidente (graticci di canna di palude anticamente utilizzati per l’allevamento di bachi da seta) o in moderne cassette, all’interno dei cosiddetti “fruttai”; questo periodo dura circa tre mesi e in questa fase, di fondamentale importanza, le uve perdono tra il 30% e il 50% del proprio peso, concentrando gli aromi e tutti quegli elementi che rendono riconoscibili e inimitabili i grandi rossi del territorio.

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