Maxi truffa alla Ue nel mondo del vino, indagate Veronafiere e Unione italiana vini

Presunta truffa ai danni dell’Ue nel mondo del vino: tra gli indagati Veronafiere e Unione italiana vini.

Truffa ai danni dell’Unione europea nel mondo del vino: due milioni di euro sequestrati, tre persone e due società indagate, coinvolta anche Veronafiere. I finanzieri di Milano, nell’ambito di un’attività di indagine coordinata dalla Procura europea, hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo di 2 milioni 85.810,96 euro, disposta dal Gip del Tribunale di Verona, nei confronti di una azienda leader nel settore vitivinicolo. In particolare, l’inchiesta vede tra gli indagati anche Veronafiere spa e l’Unione italiana vini società cooperativa.

Le indagini, che coinvolgono complessivamente 3 persone fisiche e 2 società, hanno ad oggetto un’ipotesi di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche connesse alla partecipazione a un bando europeo per la promozione di prodotti agricoli, nel mercato interno e nei Paesi terzi.

La frode ai danni dell’Unione Europea riguarda l’ottenimento di un finanziamento diretto, pari a 5.061.358,20 euro, di cui 2.085.810,96 già erogati, in due tranche una nel 2018 e una nel 2020, dalla Agenzia esecutiva dell’Unione Europea per i consumatori, la salute, l’agricoltura e la sicurezza alimentare (CHAFEA) e incassati dalla cooperativa, in qualità di beneficiario-coordinator del progetto.

Più nel dettaglio, le indagini avrebbero evidenziato la presenza di illeciti accordi tra la cooperativa (beneficiario-coordinator) e il soggetto esecutore del progetto europeo (ovvero Veronafiere), “per consentire al coordinator di vedersi riconosciuto un ingiusto profitto non contemplato dal progetto il quale, invero, prevedeva che il beneficiario avrebbe sostenuto il 20% dei costi dell’attività oggetto dei sussidi, non maturando quindi alcun guadagno”.

Il sistema fraudolento, secondo l’ipotesi investigativa, consisterebbe infatti nella pre-individuazione della società che avrebbe svolto il ruolo di implementing body la quale si sarebbe poi agevolmente aggiudicata la successiva procedura di selezione. Inoltre, le due società secondo gli investigatori avrebbero anche “stipulato un contratto di servizi denominato “Accordo Quadro”, apparentemente indipendente dal progetto ma in realtà destinato a dissimulare la retrocessione al coordinator del progetto, di un importo pari al 35% del costo ammissibile”.

In tal modo, le due imprese coinvolte nell’indagine avrebbero – secondo l’accusa – indotto in errore l’Agenzia dell’Unione Europea, circa l’effettiva esistenza di un nesso strutturale e di un conflitto di interessi tra le parti, nonché sulla reale destinazione dei fondi erogati.

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