Micaela Bicego investita e uccisa. Le due telefonate: «Mamma non è in casa, lei e papà avevano litigato»

La coppia, sposata da 20 anni, si era separata da qualche mese. E il marito chiama la collega: «Ora voglio farla finita»

auto450Due telefonate. A poche ore di distanza l’una dall’altra, che racchiudono forse la chiave di quello che gli inquirenti fin da subito hanno caratterizzato con un omicidio. La prima, ai carabinieri, arriva intorno alle 4 di notte di mercoledì. A digitare il numero del 113 è Nicolò Bonato, figlio 19enne di Micaela Bicego e Giuseppe Bonato. L’altra, poco dopo le 7, la fa il marito della donna, dipendente di Veronafiere, a una collega. Partiamo dalla prima. Il ragazzo, 19 anni, avvisa i militari che la madre non è rientrata a casa. È molto preoccupato, poiché, spiega, la sera i genitori hanno litigato. Ancora nulla di sa di quello che è successo alla donna, che verrà trovata solo alcune ore, verso le 6 e 30 nel parcheggio di Colà di Lazise dietro segnalazione di un passante.

 La seconda chiamata avviene, invece, poco dopo le sette del mattino. Questa volta a un capo del telefono c’è Giuseppe Bonato, il padre di Nicolò e marito di Micaela. Chiama una collega di lavoro (che sarebbe già stata ascoltata dai Carabinieri) , le dice di essersi svegliato e di non aver trovato la moglie in casa. Ma il suo tono è strano, ci sono strani riferimenti alla moglie, dice che è successo un «casino», riferisce il presentimento che possa aver commesso un gesto estremo. Dice che non andrà al lavoro e di salutare tutti. Poi riattacca. A quel punto i colleghi allarmati lo richiamano poco dopo. L’uomo spiega allora di aver trovato un biglietto lasciato dalla coniuge, con cui riferiva di volerla fare finita. E lascia intendere che, così fosse, si toglierebbe la vita anche lui. È quindi, al momento, tinta di mistero la morte di Micaela Bicego, 47enne di Bussolengo trovata cadavere ieri mattina con il cranio sfondato nel parcheggio delle terme di Colà di Lazise, su cui stanno indagando i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Verona insieme alla procura scaligera.

 Micaela e Giuseppe erano sposati da oltre vent’anni, ma negli ultimi mesi ci sarebbe stato un allontanamento, una separazione anche se mai formalizzata. Lui, 13 anni più anziano, viene descritto dai conoscenti come taciturno, riflessivo, non certo un compagnone. Dipendente amministrativo di Veronafiere ma anche piccolo imprenditore edile, socio di un’azienda del paese che gestiva con il fratello. Lei era conosciuta in paese per aver gestito l’omonima merceria all’interno del Gallery Shopping Center di via Dall’Oca Bianca, aperta 23 anni fa dalla madre di lei al primo piano del centro commerciale. Entrambe le famiglie sono piuttosto note a Bussolengo e vengono ritenute benestanti, anche se non sarebbe mancato qualche problema economico. La merceria, in particolare, non andava bene, così la madre di Micaela aveva deciso, infine, di chiuderla nel febbraio 2019, anche a seguito della morte del marito, ex dipendente di banca. Micaela, così, aveva iniziato a lavorare come affittacamere: aveva anche un profilo a suo nome sull’agenzia Booking. (Corriere.it)

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