Strage del bus ungherese, 6 anni per l’autista: “Oggi la giustizia perde”

Condannato a 6 anni l’autista del bus ungherese

Si conclude con un patteggiamento il processo d’appello per la strage del bus ungherese, avvenuta  il 20 gennaio 2017 vicino al casello di Verona Est sulla A4. Una strage nella quale persero la vita 17 persone, tra cui 11 studenti tra i 15 e i 17 anni che rientravano da una settimana bianca in Francia. Sul banco degli imputati l’autista, Janos Varga, condannato a 6 anni, pena dimezzata rispetto al processo di primo grado. Una sentenza che non piace affatto ad Alberto Pallotti, presidente dell’Associazione italiana familiari e vittime della strada: “Abbiamo lavorato tanto per introdurre il reato di omicidio stradale – dice Pallotti – ma non serve a nulla quando la pena non viene applicata nei tribunali”.

“Hanno concordato in appello una pena di 6 anni, dimezzata rispetto ai12 anni del primo grado – aggiunge Pallotti -. Oggi la giustizia perde, il popolo perde, ci sono 17 vite spezzate che non avranno mai la pace che meritano. Gli ungheresi sono allibiti, delusi, arrabbiati. Purtroppo questo è il Paese che ci ritroviamo. Questo istituto del patteggiamento va rivisto, sia in primo che in secondo grado. Non si patteggia la morte”.

Varga, che è stato giudicato con il rito abbreviato, in primo grado era stato condannato a 12 anni di reclusione e alla inibizione perpetua del diritto alla guida in Italia. “Grande il rammarico delle parti civili per l’esito dell’udienza di oggi- ha affermato Davide Tirozzi, avvocato convenzionato dell’Associazione italiana familiari e vittime della strada -, d’altra parte non era possibile incidere, perché c’è stato un concordato spinto tra Procura Generale e imputato, che hanno chiuso a 6 anni, rinunciando all’appello senza sostenere il rischio di un giudizio finale. Unica cosa positiva è che la responsabilità dell’autista è certa e adesso, per quanto riguarda le parti civili, dobbiamo combattere per ottenere giustizia per le vittime dell’autostrada. I genitori delle giovani vittime ritengono che questa non sia giustizia, dicono che non è concepibile per loro che da 12 anni si passi a 6. Hanno compreso, però, che nulla si può fare e che, se si è arrivati alla condanna di sei anni, è proprio perché in primo grado si era ottenuta una condanna di 12 anni. Altrimenti ci sarebbe stato il rischio di avere oggi una sentenza più mite”.

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